A.R.A. o A.R.O.?
Un mio articolo dell’ottobre 1989 sulle differenti caratteristiche tra Auto Respiratore ad Aria e Auto Respiratore ad Ossigeno.
A volte capita che vacanzieri, appassionati di subacquea, senza conoscerne le conseguenze, si imbarchino su velivoli che li riportano alla città di residenza, senza attendere i previsti tempi di desaturazione.
Se ciò avviene senza far trascorrere il previsto intervallo di tempo – tra immersione e volo – si possono generare seri problemi fisici: le bolle di azoto, ancora di piccole dimensioni nel sangue, si dilatano velocemente per la minore pressione esistente in cabina passeggeri, durante il volo di rientro, o in caso di avaria dell’impianto di pressurizzazione.
L’utilizzo del vecchio ARO, scongiura tale pericolosa situazione.
A.R.A. O A.R.O.?
Una delle cose più belle della subacquea sportiva, è la partecipazione e l’apporto che ognuno può dare agli altri, in base alle proprie specifiche cognizioni ed esperienze; ad esempio il contributo che un medico può portare al settore nell’acquizione generale di una maggiore sicurezza. Oggi, un certo retaggio porta a considerare più sicuro volare con i reattori piuttosto che con di aerei a elica.
Ciò non è assolutamente vero: i due tipi di propulsione non incidono altro che sulle prestazioni delle due categorie di aeromobile.
E vero che il jet raggiunge velocità più alte, ma rimane il fatto che determinati voli possono essere eseguiti solo con velivoli “convenzionali”, che consentono di atterrare, in piena sicurezza (ed economicità), su piste più corte e parzialmente preparate. Ecco dimostrato che ogni “macchina’ consente determinate possibilità precluse ad altre.
Facciamo un parallelo nella subacquea: con le bombole ad aria compressa, i possibile scendere a quote intorno ai 40 metri, e l’apprendimento, di chi si avvicina alla discesa in profondità, risulta più facile ed accessibile (PADI insegna); ma non di meno sono indispensabili alcune ferree limitazioni, a garanzia della sicurezza del diver.
Esiste, anzi precedentemente esisteva, un altro mezzo di respirazione sott’acqua: l’autorespiratore ad ossigeno. Tempo addietro dimostrò la sua affidabilità grazie a uomini di grande coraggio, ben consapevoli delle limitazioni proprie del mezzo. Successivamente un erroneo utilizzo, da parte di alcuni sportivi, fuori da detti limiti, procurò numerosi lutti che hanno causato un alone di estrema pericolosità. In realtà gli incidenti si dovevano attribuire all’ignoranza specifica del modo di impiego, e in generale alla scarsa informazione sulla stessa subacquea.
Duilio Marcante , nei suoi scritti, sottolinea proprio questo stato di cose, difendendo l’A.R.O. dai suoi denigratori, pur ribadendo la necessità di corsi specifici e il rispetto delle regole di sicurezza. Solo grazie all’intervento del prof. Luigi Ferrara (medaglia d’oro al valor militare), nel 1964 si evitò la proibizione dell’A.R.O. al congresso di Londra del CMAS.
Scendendo con l’ARA, un po’ tutte le didattiche indicano la necessità di due erogatori, del manometro, di una valida manutenzione, del rispetto delle tabelle; esse sconsigliano il multilevel — se con ritorno in profondità anche con computer. Indicano un limite di quota massima, richiedono la discesa in coppia, sottolineano i vari pericoli durante i corsi.
Anche per l’ARO sono richieste ( in numero minore ) regole finalizzate al mezzo: la sagola o iI compagno di immersione, il lavaggio del sacco e dei polmoni, le quote ed eventuali tempi massimi da rispettare, possibilmente la maschera granacciale, una rigorosa manutenzione, la frequenza di un corso.
Ma quale “libertà“ consente l’A.R.O.!
Essa si evidenzia e si contrappone all’A.R.A. sia per l’autonomia, sia in termini di peso e volume dell’apparato; per non parlare della ritrovata dimensione del silenzio.
L’assenza di bolle torna particolarmente utile non agli 007 ( ugualmente individuabili dal sensibili idrofoni e dai rilevatori magnetici militari ), ma al fotografo, che non corre il rischio di vedere sprecate le sue fotografie, e all’amante della fauna ittica non più fugata dal rumore.
Il sommozzatore esperto può diminuire i tempi di decompressione con l’utilizzo dell’ossigeno con frequenti lavaggi del sacco per eliminazione dell’azoto.
Con l’A.R.O. si può emergere in qualsiasi momento e più volte, si può volare subito dopo aver effettuata l’immersione.
L’unica grossa limitazione, a mio modo di vedere, è la scarsità di profondità che si può raggiungere ( 8-12 metri, secondo i casi ); però va ricordato che, a parte le quote, la luce del sole è ancora presente, i colori sono in pratica tutti reali e le zone più affascinanti per il sub sono ricchissime di flora e fauna ( atolli, mar Rosso, ecc. ).
Ecco che tali caratteristiche e prestazioni rispolverano l’ingiustamente accantonato — ma mai dimenticato — A.R.O.
Non mi rimane che complimentarmi con Walter Bosio, che, con determinazione, ha progettato e messo in commercio un A.R.O. che porta in sé tutta l’esperiena passata e la tecnologia attuale.
La Nautilus di Milano produce un apparecchio veramente valido e sicuro Nautilus AR88-AR90.
Il mezzo c’è, non rimane che creare – come dice Duilio Marcante – gli uomini, o meglio forgiare la loro mentalità subacquea.
Comandante Gianni Guiducci