Volare d’inverno – parte 1

Un mio articolo pubblicato da  JP4  nel Febbraio 1985, sulle problematiche dei voli durante il periodo invernale, con descrizione dei problemi e come risolverli.

Questa è la prima parte dell’articolo, la seconda apparve un mese dopo.

Come noterete, l’impaginatore ha pensato che Gianni fosse il diminutivo di Giovanni, ma Gianni è il mio corretto nome.


VOLARE D’INVERNO

Giovanni Guiducci

L’attività di volo nei mesi invernali presen­ta problemi particolari che richiedono at­tenzione specialmente nelle manovre di at­terraggio e decollo. Le condizioni alterate della pista possono richiedere notevoli al­lungamenti degli spazi necessari.

Stagione invernale significa ghiaccio, ne­ve, nebbia, per tutti. Per i piloti significa maggior rischio e maggior impegno. Que­ste difficoltà si possono superare? Vedia­mo come.

L’inglese Baden Powell, fonda­tore dei boy-scout, con l’intenzione di edu­care e formare gli uomini di domani, die­de un motto ai ragazzi di tutto il mondo: «sii preparato!». Questo motto può esse­re utilizzato profiquamente anche dai pi­loti.

Essere preparati, per coloro che hanno la responsabilità di mezzi aerei, si traduce nel prendere precauzioni, utilizzare accor­gimenti e ripassare alcuni argomenti accan­tonati durante l’estate, ma di estrema at­tualità nei mesi invernali:

controlli dell’aereo prima del volo;

bollettini meteorologici;

condizioni della pista;

ghiaccio in volo;

nebbia – scarsa visibilità.

Controlli dell’aereo prima del volo

Nell’ambito dei normali controlli che il pilota deve effettuare, sulla base di quan­to ha stabilito il costruttore, per le varie fasi dell’accettazione dell’aeromobile, od eventualmente in aggiunta ad essi, è oppor­tuno controllare con più attenzione le parti e gli impianti del velivolo il cui funziona­mento è indispensabile in condizioni inver­nali, come ad esempio il sistema di riscal­damento al parabrezza.

Se l’aereo ha sostato durante la notte al­l’aperto, sarà facile ritrovarlo ricoperto di brina o di neve e ghiaccio. Qualsiasi tipo di deposito si sia formato sulle strutture va rimosso. Una maggiore cura dovrà essere posta nella pulizia delle ali, delle superfici di comando (alettoni, piani di coda, flap, ecc.) e nell’eventuale pulizia di prese d’a­ria o di fori di sfogo che non devono ri­sultare ostruiti.

Per liberare il velivolo dai depositi, po­trà essere utilizzato il servizio di de-icing (sghiacciamento) presente in aeroporto. L’operazione consiste nello spruzzare una sostanza chimica capace di sciogliere il ghiaccio; una pompa assicura un’alta ve­locità di uscita che aiuta dinamicamente l’eliminazione della massa depositata. Do­po gli incidenti clamorosi accaduti negli Stati Uniti un approfondito esame delle ca­ratteristiche del de-icing ha permesso di elaborare alcune tabelle che forniscono, in base alle condizioni, la durata dell’azione di sghiacciamento. Il velo di preparato, di­stribuito sulle superfici, diluendosi con l’acqua scaturita dallo scioglimento della neve e del ghiaccio, perde sempre più le proprie caratteristiche fino a diventare inu­tile. Se quindi ci troviamo in un aeropor­to sul quale stà nevicando, deve passare so­lo il tempo indispensabile alla messa in mo­to dei motori, al rullaggio ed all’involo; al­trimenti avremo nuovamente l’aereo inne­vato (ciò in rapporto all’intensità del fe­nomeno meteo).

Se ci troviamo in un aereoporto sprov­visto di de-icing, potremo utilizzare altri

mezzi meno sofisticati, ma di pari effica­cia, quali scope, spugne, teli che, come per una normale autovettura, ci aiuteranno a togliere la massa del deposito senza arre­care danni alle superfici. È da scartare l’i­potesi dell’utilizzo di questi ultimi mezzi, nel caso di precipitazione nevosa in atto.

Mentre la massa nevosa si nota subito, per individuare un sottile strato di ghiaccio trasparente occorre toccare effettivamente le superfici del velivolo. Noterete, in questo caso che la semplice spinta, effettuata su un lato della lamina, sarà sufficente a stac­care completamente, o gran parte, del la­strone. Molti ritengono che l’aver chiuso le prese d’aria, di entrata ed uscita, dei mo­tori, con le apposite coperture, sia suffi­cente a garantire l’incolumità; invece, nel caso di un jet, nel vano prospicente le pri­me palette del compressore, una forte umi­dità, depositatasi prima della posa dei tap­pi, al diminuire della temperatura (ad esempio di notte), si può trasformare in un sottile strato di ghiaccio che solo l’esame accurato della mano può scoprire. Si ritie­ne che alcune avarie ai motori dopo il de­collo, siano imputabili a questo problema.

Bollettini meteorologici

Ritengo che un’arida elencazione dei co­dici utilizzati nella scrittura dei bollettini meteorologici sia inutile, dato che un qual­siasi libro di metereologia ne riporta in

chiaro i significati. Preferisco invece con­fermare che il personale addetto al «brie­fing meteo» (riassunto conciso della situa­zione meteo) è sempre ben disposto alla traduzione in chiaro dei bollettini ed a fornire ogni utile spiegazione al pilota che lo richiedesse. Utilizzando l’esperienza del personale specializzato e le carte a dispo­sizione, prima di effettuare il volo, sarà possibile assicurarsi sia delle condizioni meteorologiche lungo la rotta, che delle condizioni attuali e previste sull’aeropor­to di destinazione e sull’alternato. L’attento studio della situazione lungo la rotta ci permetterà di scegliere questa e la quota di volo più sicure, tenuti presenti fattori quali la quota dello zero termico, i tipi di formazione nuvolose, la previsione di tur­bolenza e di ghiaccio.

Assicuratici dell’agibilità meteorologica attuale sull’aeroporto di destinazione e di quello alternato, controlleremo anche le previsioni per entrambi questi aereoporti. La previsione di un peggioramento sull’ae­roporto alternato di riserva. Queste pre­cauzioni sono valide anche se si intende ef­fettuare un «volo locale», cosa che normal­mente i piloti si dimenticano di fare! Se in­fatti durante un piacevole giretto sulla cit­tà, le condizioni sull’aeroporto di partenza/destinazione dovessero improvvisamente peggiorare e non permettessero l’atterrag­gio, è il momento di dirigere all’alternato senza indugi. Una particolare attenzione, nella stagione invernale, va rivolta agli SNOTAM (Snow NOTice Air Men – ne­ve/notizie agli aeronaviganti) che vengo­no emessi in caso di accumuli di neve sull’aeroporto. Li troverete presso il CDA (controllo di aeroporto), dove il persona­le addetto potrà leggervelo in chiaro. Ol­tre agli SNOTAM, durante il periodo in­vernale, è consuetudine trovare alla fine dei bollettini METAR (attuali) di alcuni im­portanti aereoporti, la segnalazione delle cattive condizioni della pista; l’insieme di questi dati viene chiamato «codice trend». Da questo codice si ricavano la pista a cui si riferiscono i dati, il tipo di deposito e la sua entità. Ma con questo entriamo già nel prossimo argomento.

Condizione della pista

Come per la nostra autovettura, anche per l’aereo abbiamo i problemi relativi al­la presenza di depositi sulla superfìcie della pista quali acqua, neve, ghiaccio, fanghi­glia. Se infatti la nostra automobile è ral­lentata dalla presenza di un certo spessore di neve, altrettanto lo sono le ruote dell’ae­reo; slitterà, ugualmente alla nostra auto, in presenza di ghiaccio. Questo argomen­to va però diviso in tre parti.

Resistenza al rotolamento — Immagi­niamo di avere una ruota che si muove ad una certa velocità su una superficie perfet­tamente liscia e pulita. Se ora distribuia­mo un sottile strato di neve, la ruota lo schiaccerà senza problemi. Aumentando, progressivamente, questo deposito, note­remo che ad un certo spessore, corrispon­derà una diminuzione di velocità; conti­nuando nell’esperimento otterremo, infi­ne, il completo arresto della ruota. Un espertimento effettuato dall’F.A.A. (am­ministrazione federale dell’aviazione U.S.) ha dimostrato che se, ad un valore di de­posito di mezzo pollice (cm. 1,27), corri­spondeva un aumento di lunghezza pista, necessaria all’involo, pari a 1000, ad un va­lore di deposito di un pollice (cm. 2,54) l’aumento di pista era pari a 2300, cioè non un aumento lineare, ma esponenziale. Va sottolineato che due pollici corrispondono a una pista infinita. Il costruttore dell’ae­roplano, dopo i necessari esperimenti, fissa gli spessori massimi dei vari tipi di depo­sito; per i valori inferiori elabora e forni­sce, nel manuale di volo, le tabelle delle prestazioni indicanti i valori di lunghezza di pista necessaria al decollo e all’atterrag­gio in queste condizioni. Saremo quindi sfavoriti durante la corsa di decollo; sare­mo favoriti in atterraggio e in caso di in­terruzione di decollo.

Frenata — Una pista resa viscida da ac­qua, fanghiglia o presenza di ghiaccio, si­gnifica un aumento della lunghezza neces­saria all’arresto dell’aereo. Diversi paesi e diverse ditte hanno realizzato dei sistemi per quantificare numericamente il coefficente di attrito (indicato con la lettera greca mu). Si passa dalla normale auto a cui si bloccano le ruote e si controlla lo spazio percorso fino all’arresto, ai carrellini so­fisticati con il blocco asimmetrico delle ruote ecc. Il problema è che ogni sistema fornisce dei

valori, lungo la propria scala, non confrontabili agli altri, per cui il va­lore X dato in determinate condizioni del Mu-meter, ad esempio, non corrisponde al valore indicato dal «James brake decelerometer» o dal «Diagonal braked vehicle», ecc. Nell’intento di semplificare il proble­ma, ma aumentando notevolmente l’im­precisione, viene comunemente fornita una delle seguenti voci: buona – medio/buona – media – medio/povera – povera; in­dicanti in quest’ordine: decrescente la qua­lità della frenata riscontrata ed in via cre­scente lo spazio che si ritiene sarà neces­sario per fermarsi. È perciò sconsigliabile sia l’atterraggio che il decollo (causa l’e­ventuale interruzione in caso di azione fre­nante medio/povera o povera, perché non si sarà certi di fermarsi entro i limiti della pista.

Aquaplaning (scivolamento sull’acqua)

Nel caso sia presente un significativo spessore di acqua su tutta la superficie della pista, o anche solo grosse pozzanghere, può venir impedito il contatto tra il batti­strada dello  pneumatico e la pista. Normal­mente il battistrada allontana costantemen­te l’acqua, ma oltre certi valori di deposi­to, non riesce a liberare completamente l’a­rea di contatto tra ruota e terreno, crean­do una pellicola d’acqua su cui tende a sci­volare, impedendo la normale frizione ne­cessaria per frenare. Qualche volta il bat­tistrada può essere completamente solleva­to, creando un caso di aquaplaning tota­le. La velocità minima a cui si innesca que­sto fenomeno può essere determinata em­piricamente con la seguente formula:

Esiste un terzo tipo di aquaplaning: es­so è conseguenza di un aquaplaning tota­le protratto nel tempo; il calore scaturito dal pattinamento del battistrada sull’acqua genera vapore acqueo, a tali temperature e pressioni da essere in grado di sciogliere la gomma delle ruote.

Aquaplaning

Aquaplaning 2

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